In ogni cellula del nostro corpo è presente una molecola, il DNA, la sede dell'informazione genetica, che viene trasmessa ereditariamente. Nel DNA, infatti, esistono delle unità chiamate geni che sono i responsabili del colore dei nostri occhi e capelli, della nostra altezza, insomma delle caratteristiche del nostro organismo. Il DNA varia da individuo ad individuo, e da specie a specie. Il nostro patrimonio genetico non sarà mai uguale a quello di un'altra persona, nonostante apparteniamo alla stessa specie; di sicuro sarà assolutamente diverso da quello di un fiore o di un gatto. Le informazioni che risiedono nei geni sono trasmesse di generazione in generazione attraverso la riproduzione. Quest'ultima è possibile solo tra individui appartenenti alla stessa specie. Non vi potranno mai essere discendenti derivati da un incrocio tra un'ape e una mucca o tra una spiga di grano e una rosa, nonostante, questi ultimi, appartengano allo stesso regno, quello vegetale.
Sebbene siano secoli che gli agricoltori, come i giardinieri, incrocino piante di varietà diverse (ibridazione), per selezionare le caratteristiche migliori, non si sarebbe mai potuto ipotizzare di inserire, in un pomodoro, il gene di resistenza al freddo di un pesce artico, se non fosse stato per quella rivoluzione bio-tecnologica che ha dato alla luce una nuova disciplina, l'ingegneria genetica. I geni, che perima erano racchiusi all'interno dei confini della propria specie, hanno acquisito una certa modibilità e abbattuto tutte le barriere. Per alcuni ricercatori è stata una conquista, in altri ha suscitato gravi perplessità. Era corretto manipolare geneticamente una molecola come quella del DNA per il cui sviluppo è stato necessario un processo evolutivo lungo tre miliardi di anni?
L'era delle biotecnologie ha permesso di esautorare la riproduzione dal suo ruolo di strumento al servizio degli esseri viventi per trasmetter i caratteri ereditari. Allo stato attuale, evitando l'accoppiamento sessuale, si possono prelevare dal DNA, porzioni di materiale genetico e, con l'aiuto di specie parassite come i virus, inserirli nel DNA di un organismo ricevente. Il trasferimento può avvenire anche tra specie non affini. Il mai Bt, per esempio, contiene un gene che produce una molecola insetticida, letale per certi tipi di farfalla, e che proviene dal DNA di un batterio (bacillus thuringiensis) che vive nel terreno. È necessario specificare che il gene contiene l'informazione che detta alla cellula, serve per produrre la proteina che a sua volta crea la molecola insetticida.
Il problema sostanziale, in tutto questo andirivieni di geni, è che non è detto che il gene inserito nella cellula ospite funzioni correttamente. Quando, nel 1990, si cominciò a studiare il genoma (la totalità del DNA di una cellula) umano (Human Genome Project), i ricercatori erano convinti che ogni gene codificasse per una proteina. Le proteine conosciute erano circa centomila, quindi si ipotizzò che ci fossero altrettanti geni. Alla fine della ricerca risultò che i geni erano appena trentamila. Com'era possibile? L'unica risposta plausibile fu che un gene codificasse per più di una proteina. Addentrarsi ulteriormente all'interno della questione genetica risulterebbe piuttosto complesso, l'unica cosa che si può ancora dire è che i meccanismi che regolano la traduzione di una proteina in molecola sono molteplici e non facilmente prevedibili. Si è verificato, infatti, che in alcuni casi lo spostamento non previsto di geni abbia costretto i produttori a un ritiro degli alimenti ingegnerizzati dal mercato.
Dalle ricerche ingegneristiche sono nati gli OGM che è un acronimo che sta per Organismo geneticamente modificato, anche se i più ottimisti parlano di Organismi geneticamente migliorati [Jean-Marie Pelt, L'orto di Frankestein: cibo e piante transgenici]. Gli scopi per i quali furono creati sono assolutamente nobili: aumentare la produttività delle coltivazioni per risolvere l'atavico problema della fame nel mondo, generare resistenza ai parassiti e altri patogeni e di conseguenza diminuire l'uso dei pesticidi, aumentare le qualità nutrizionali di alcuni alimenti, ricorrere a un uso minore della risorsa idrica per la crescita delle culture, produrre molecole farmaceutiche con proprietà terapeutiche e così via. Peccato che, almeno fino ad oggi, la maggior parte di questi obiettivi siano stati disattesi e che abbiano generato una serie di effetti, per così dire, collaterali.