Delle 71 specie testate in oltre vent'anni di ricerca solo quattro sono commercializzate: soia, colza, cotone, mais con due sole caratteristiche selezionate: la tolleranza agli erbicidi (tecnologia Roundup ready) e la resistenza agli insetti (tecnologia Bt). Altre specie non sono state così fortunate. Un esempio per tutti è il pomodoro Flavr Savr che venne introdotto in commercio perché presentava una caratteristica piuttosto particolare: era stato inserito nel suo genoma un gene che rallentava il fenomeno della marcescenza, qualità oltremodo preziosa per chi si occupa di coltivazione e commercializzazione di alimenti deperibili. Dopo qualche anno è stato ritirato dal mercato perché si rammolliva come gli altri pomodori.
Soia, colza, cotone, mais, commercializzati e coltivati in tutto il mondo, fanno parte degli OGM di prima generazione. Ci sono poi quelli di seconda e terza generazione che comprendono rispettivamente piante con (presupposte) migliori caratteristiche nutrizionali, ad esempio il golden rice con maggior contenuto di vitamina A, che è in fase di sperimentazione dagli anni Novanta e non è ancora stato messo in commercio) o in grado di produrre composti d'interesse farmaceutico come vaccini o anticorpi. Relativamente a questi ultimi, attualmente, il 25% dei farmaci è prodotto dale piante: si sta sperimentando la produzione di proteine umane in piante di tabacco, mais e patate per la produzione d'insulina e anticorpi che possono fornire protezione contro i virus [C. Tonelli, U. Veronesi, Che cosa sono gli organismi geneticamente modificati].
Con l'introduzione degli OGM si riteneva di poter fare un minore ricorso all'uso dei pesticidi. Se la pianta, infatti, è resistente all'attacco degli insetti o tollerante agli erbicidi non è necessario utilizzare grosse quantità di diserbante. Così non è stato. Le piante Roundup ready sono tolleranti all'erbicida Roundup che contiene glifosato (un erbicida a largo spettro che è efficace su specie erbacee, piante pluriennali e arboree e viene assorbito prevalentemente attraverso le foglie; una volta penetrato nella pianta provoca la morte in giorni o settimane).
dunque, sono 2 euro per le sementi e 20.000 per il diserbante |
L'uso di OGM per risolvere la fame nel mondo è stato per lungo tempo il cavallo di battaglia dei sostenitori del cibo biotech. Gli anni sono passati, ma gli affamati sono sempre più numerosi. Il problema è insito non nella carenza di cibo, semmai nel come farlo arrivare alle aree più povere e ai Paesi del sud del mondo: "[...] nel mondo rurale, che ospita la gran parte delle persone in condizioni di insicurezza alimentare, non è solo l'acceso al cibo l'elemento deficitario, ma l'accesso alle risorse con cui produrlo che genera ineguaglianze e miseria: terra, acqua, energia, credito, assistenza tecnica, educazione primaria e specialistica, mercati locali, magazzini, infrastrutture e, non ultime, le sementi sono dotazioni e disponibilità limitate e limitanti" [L. Colombo, Grano o grane, la sfida OGM in Italia - anteprima QUI].
C'è poi la questione degli effetti collaterali che la commercializzazione degli OGM ha comportato e sta comportando per la popolazione mondiale. Chi guadagna di più dall'immissione sul mercato delle sementi transgeniche, il contadino che li coltiva o l'industria agrochimica che li produce? Come si è già detto, il seme ingegnerizzato è venduto in coppia con il pesticida. Ambedue sono brevettati e di proprietà dell'azienda produttrice. La brevettatura delle sementi fu da molti definita un atto di bio-pirateria, non solo per il monopolio delle sementi che questo fattore innescava, ma anche per il monopolio dei pesticidi a essi connessi.
Nel marzo del 1998, l'Usda e la Delta and Pine Land Company, la più grande azienda di semi di cotone del mondo, annunciarono di aver sviluppato e ottenuto il brevetto di una nuova tecnologia agricola che fu definita "controllo dell'espressione genetica della pianta" in seguito ribattezzata tecnologia "terminator". Si tratta di piante che producono semi sterili alla prima generazione, cosicché gli agricoltori non possono utilizzarli per la prossima semina e siano costretti, ogni anno, a comprare le sementi dalle compagnie produttrici. Queste sementi non solo sono in grado di trasmettere il carattere della sterilità ad altre piante attraverso l'impollinazione ma costringerebbero il coltivatore a dipendere dalle società produttrici indebitandosi di anno in anno se il raccolto non andasse secondo le previsioni [vedi il caso dell'India]. Dal 20 al 31 marzo 2006 si è svolta in Brasile l'ottava Conferenza delle parti alla Convenzione per la biodiversità. Durante l'incontro si è raggiunto un accordo sul mantenimento della moratoria verso la sperimentazione in campo e la commercializzazione dei semi geneticamente modificato con la "tecnologia terminator". È una vittoria momentanea non duratura.
Il commercio delle sementi ingegnerizzate è per lo più in mano a cinque aziende agrochimiche: Monsanto (29,82%), Du Pont/Pioneer (10,98%), Bayer/Aventis (10,14%), Dow (5,81%) e Novartis/Syngenta (5,80%), totalizzando nel complesso il 62,55% degli investimenti nel settore. Le ingenti somme investite nella ricerca ingegneristica da parte di società private, in raffronto alle risorse limitate della ricerca pubblica, spiegano il perché di questi risultati. Mentre, il monopolio che i paesi industrializzati hanno del mercato agroalimentare internazionale spiega il perché delle industrie agrochimiche, come quelle sopra citate, siano di derivazione statunitense ed europea. L'interesse di questi ultimi per l'agricoltura risale agli anni Ottanta, quando cominciarono a dispensare sussidi agli agricoltori locali per favorire le esportazioni. Questa pressione obbligava all'adozione di tecniche di coltivazione intensiva, provocando un'eccessiva produzione e stress ambientale. La sovrapproduzioe mise in crisi i paesi in via di sviluppo. L'eccesso di cereali esportati creò una stagnazione dei prezzi che danneggiò altri esportatori che non potevano competere con Stati Uniti ed Europa in quanto a sussidi statali. Con l'Uruguay Round (ciclo di negoziazioni durate durato dal 1986 al 1994, al termine dei quali è stato costituito il World Trade Organization) si pensò di poter metter un freno a questa situazione, ma non fu così: ai paesi industrializzati non solo fu consentito di continuare a supportare i propri agricoltori, ma, addirittura, fu chiesto ai paesi in via di sviluppo di ridurre le restrizioni sulle importazioni agricole, unica protezione per i produttori locali contro la concorrenza estera [H. French, Ambiente e globalizzazione. Le contraddizioni tra neoliberismo e sostenibilità]. In associazione a questo, bisogna considerare il fenomeno del dumping. Con questo termine s'intende la vendita, da parte di un'impresa, di beni o servizi sui mercati esteri a prezzi nettamente inferiori ai costi di produzione. "L'esportazione di prodotti sottocosto [...] è resa possibile dall'impiego massiccio di combustibili fossili, che abbatte il costo dei trasporti e di conseguenza i prezzi della produzione locale, dai sussidi all'esportazione, che riducono i prezzi internazionali [...] dal monopolio dell'industria agroalimentare" [Vandana Shiva, Il bene comune della terra]. Le imprese che ricorrono a tali pratiche operano preferibilmente in paesi in via di sviluppo, laddove il costo del lavoro è più basso di quello dei paesi industrializzati. È possibile che i cereali transgenici siano strumentalizzati dalle multinazionali per fenomeni di dumping.