Nel corso della storia le agricolture a dimensione contadina e familiare, sia che fossero costituite da piccoli proprietari che da affittuari o mezzadri, hanno avuto al proprio interno una struttura collettiva dove uomini, donne, bambini, anziani, persone con disabilità o disagio sociale sono sempre stati parte attiva nei cicli stagionali di vita e di lavoro. Non fosse altro che per necessità di sopravvivenza, tutte le energie disponibili erano integrate nei lavori, dando a ognuno un compito che fosse in grado di svolgere. In queste condizioni di povertà, chi non si occupava dei lavori principali portava avanti quelli più semplici ma comunque utili: dalla spigolatura dei cereali alla sorveglianza degli animali e alla cura dell'orto.
Scomparso quel mondo e trascorsi alcuni decenni in cui l'agricoltura è stata vista solo come produttrice di materie prime, negli ultimi anni si sta invece riscoprendo la molteplicità della dimensione contadina. Quell'informale universo di pratiche e relazioni oggi è riproposto nella moderna figura dell'impresa agricola multifunzionale, dove però ogni singola funzione è ora inquadrata da norme, regolamenti, disciplinari. Ne esistono per lavorare in modo sano la terra, per vendere un litro di latte, per ottenere uno spazio al mercato, per alloggiare turisti o portare studenti nei campi, e anche per accogliere soggetti "deboli".
Prima di tornare agricoltore ho lavorato per anni come educatore di territorio con giovani disabili e mi rendevo conto dell'enrome potenziale emancipativo presente nell'agricoltura di tipo contadino, per le sue mille attività e contesti in grado di trovare uno spazio per chiunque. Da agricoltore, nei mie campi ho svolto attività e lavori con giovani studenti e ragazzi disabili. Non mi appartiene però, e non sono il solo a pensarla così, la necessità di identificarmi in un'agricoltura sociale in forma di impresa, che porta a mettere online le foto di questi ragazzi accanto ai prodotti, ad avere un apposito marchio commerciale e a richiedere per questo motivo un posto riservato al mercato.
Far sì che le istituzioni sostengano alla fonte le esperienze di economia solidale mi pare indispensabile. Fare marketing sociale con le immagini dei ragazzi disabili, che tra l'altro anche nei periodici più virtuosi compaiono solo in questi casi, è parte della dominante logica della società dei consumi. La dimensione solidale è importante che ci sia, ma è bello lasciarla nelle sue relazioni informali dentro le reti auto-regolatrici della comunità locale.
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