Una ventina d’anni fa, attraversando il Tibet in fuoristrada, una gigantesca frana, causata dalle piogge copiose che battono l’altipiano ad oltre 5.000 metri di quota, spazzò via la strada che stavamo percorrendo.
di Piero Cammerinesi
Non si poteva più passare con le auto e fu necessario attraversare la frana a piedi con i bagagli in spalla.
Dall’altra parte ci venne a prendere un camioncino telonato, tipo quelli per il trasporto dei soldati, con due panche montate lungo i lati, una di fronte all’altra.
Salimmo con i bagagli, un pugno di occidentali – le frontiere del Tibet erano state appena aperte agli stranieri – e parecchi cinesi, attaccati all’esterno come un grappolo umano.
Preso posto sulle panche il camion partì.
Potevo vedere pochissimo dell’esterno perché davanti avevo le altre persone sedute e sul fondo c’era il telone tirato giù e dietro i ragazzi cinesi e tibetani appesi fuori.
Sentivo il camion correre velocemente, arrancare e slittare sul terreno fangoso, per via di quelle piogge torrenziali che avevano spazzato via più di un tratto della strada che stavamo percorrendo.
Il telone sventolava per via del movimento del camion e ogni tanto si alzava fugacemente, tanto da far intravedere qualcosa del paesaggio circostante.
In uno di quei brevi flash mi resi conto di cosa stava accadendo.
Il camion correva in maniera pazzesca, sbandando e slittando, su una strada di montagna, piena di buche e di pietre, tortuosa e coperta da uno strato di 20 o 30 centimetri di fango.
Il problema era che a destra c’era la montagna e a sinistra un baratro di centinaia se non migliaia di metri.
E la strada era larga come il camion.
Il viaggio era interminabile. Non sapevo se fosse meglio guardare o non guardare, sapere o non sapere.
Non avevo mai provato un senso d’impotenza davanti ad una possibile catastrofe come allora.
Non potevo scendere e non avevo nessun controllo sulla situazione che mi avrebbe potuto portare facilmente a precipitare in uno strapiombo profondissimo.
Dovevo accettare il mio destino e affidarmi nelle mani del mondo spirituale.
Così feci, calmando i battiti del cuore e costringendomi a pensare esclusivamente pensieri positivi. Dopo un tempo che mi parve infinito, il camion arrivò dove ci attendevano altri fuoristrada per proseguire il viaggio.
Quella terrificante esperienza era finita.
Ma non per sempre; devo dire che da un po’ di tempo provo nuovamente quel sentimento d’impotenza e di consapevolezza del pericolo come allora.
Non sono più su un camion che corre a perdifiato sul precipizio guidato da un autista probabilmente ubriaco, ma su un pianeta che corre a perdifiato verso nuovi olocausti guidato da leader sicuramente malvagi.
Le notizie sulle strategie criminali che stanno portando il mondo nuovamente sull’orlo di una guerra sono come quel fugace sollevarsi del telone di quel giorno.
Tu guardi fuori e ti rendi conto che sei ad un passo dalla catastrofe.
Non puoi far nulla perché chi è alla guida è irraggiungibile ed ha un piano che tu non puoi in alcun modo contrastare.
Devi stare seduto su quella panca e sperare. O pregare.
L’Ucraina prima e la Siria ora sono tappe verso un conflitto che sembra inevitabile. Le strategie del terrore travestite da guerra al terrore stanno lentamente ma inesorabilmente contaminando le menti di intere popolazioni. Le notizie false e fuorvianti che vengono divulgate dai media hanno lo stesso orrendo timbro di quella propaganda che portò l’Europa ad un olocausto di quasi cento milioni di giovani vite nel secolo scorso.
Ogni giorno una colossale rete di menzogne si stende sull’umanità, a nascondere, come quel telone, il vero stato delle cose.
Per alcuni di noi il telone a tratti si alza fugacemente, facendoci intravedere la situazione reale.
Talvolta questo ci fa sentire più forti e consapevoli, anche se ci sono delle volte che forse vorremmo non averlo visto quell’abisso, quell’orrido che ci può inghiottire da un istante all’altro.
Poi però ci calmiamo, mettiamo a regime il battito del cuore che ci sale in gola e ci diciamo che non è vero che siamo del tutto impotenti, che qualcosa possiamo fare con i nostri pensieri e con le nostre azioni, affinché questo camion arrivi sano e salvo a destinazione.
Ci rendiamo anche conto che maggiore consapevolezza significa maggiore responsabilità. Responsabilità anche nei confronti dei destini di coloro che si bevono tutte le quotidiane menzogne dei media, di coloro per i quali il telone del camion non si alza mai.
Allora comprendiamo anche il senso di questa corsa a un passo dal vuoto.